Tutto il mondo è Paese. Se questo detto ha generalmente un’accezione negativa, quando lo si applica al concetto di zero waste è foriero di positività. Perché questa filosofia, questo atteggiamento personale e collettivo, si sta espandendo, seppur a macchia di leopardo, in tutto il Pianeta.
Il movimento è nato in Usa. La californiana Bea Johnson fu pioniera e il suo libro Zero Waste Home del 2013 portò il tema dei rifiuti zero alla consapevolezza della società civile. E mentre le crisi ambientali e climatiche ci affliggono, la filosofia zero waste, promulgata oggi concretamente in Italia anche da Ottavia Belli con il suo portale Sfusitalia, si è fatta strada aprendo il varco della deresponsabilizzazione politica mondiale.
Oggi la volontà degli amministratori locali di applicare politiche zero waste è una realtà che vanta vari esempi di sodalizio tra cittadini, autorità pubbliche e imprese. Anche se i numeri non sono ancora vertiginosi, queste comunità stanno offrendo un luminoso esempio da seguire.
In Italia oggi siamo a 330 Comuni, pari a 7 milioni di abitanti. Capannori, in provincia di Lucca, è stato il primo Comune ad aderire, nel 2007, alla strategia Rifiuti Zero. Al termine di un percorso serio e graduale, spalmato negli anni, Capannori ha conseguito importanti risultati in termini di sostenibilità. Il calo drastico nella produzione rifiuti non riciclabili e la messa a punto di un sistema di raccolta differenziata efficiente, gli hanno valso il riconoscimento della Regione Toscana. E la sua storia è diventata una case history di valenza europea.
L’Italia, a dispetto delle numerose procedure di infrazione che la UE apre contro il nostro Paese (vedi l’articolo Situazione rifiuti inaccettabile, il Lazio bocciato dalla UE), sul piano delle buone pratiche non se la cava male.
Zero waste, riciclo e acquisti consapevoli, sfusi o alla spina, vanno infatti a braccetto. Ma cosa vuol dire comprare sfuso e zero waste?
Cosa sono gli sfusi (in due righe)
Gli sfusi sono quei prodotti che rifiutano gli imballaggi dei supermercati e il concetto tossico dell’usa e getta. Essi appartengono alla sfera sostenibile del consumo. Essi ripropongono il sistema di acquisto dei nostri nonni i quali, pur non avendo dovuto affrontare il problema della scarsità delle risorse, tenevano un atteggiamento di rispetto verso i beni e le risorse. Un’attitudine che andava oltre il concetto di ‘parsimonia’ a fronte di una disponibilità sicuramente non in esubero di prodotti finiti (fu solo il decennio “50-“60 a portare un’accelerata considerevole al ritmo della produzione industriale). I nostri nonni acquistavano ‘locale’ e ‘sfuso’, non solo perché mancava un’adeguata catena di distribuzione, ma soprattutto perché era insita in loro una sorta di cultura ante litteram dello zero waste. Una vera e propria etica del consumo: il bene si utilizzava fino al suo esaurimento naturale, punto e basta. L’obsolescenza programmata era quanto di più lontano, e probabilmente criminale, si potesse concepire.
Sfusitalia propone cinque categorie di sfusi: alimentare, prodotti per la casa, cosmetici, alimenti per gli amici a 4 zampe, prodotti di erboristeria.
Acquistare cereali, pasta, detergenti (solidi o liquidi), tisane, vino, birra e crocchette per cani e gatti alla spina significa:
- Azzerare gli sprechi economici: si compra la quantità necessaria e non quella imposta
- Ridurre i rifiuti
- Ridurre il consumo delle risorse
- Risparmiare: il prodotto confezionato è carico di costi supplementari sproporzionati.
Tutto questo si traduce nell’utilizzo delle risorse in modo molto più efficiente e sostenibile.
I prodotti sfusi sono acquistabili presso i 730 negozi aderenti a Sfusitalia e diffusi in ogni regione italiana. Individuabili molto facilmente anche da chi si approccia per la prima volta a una sfuseria e non sa dove trovarla: l’unica cosa che deve fare è digitare dentro la barra di ricerca del portale il proprio indirizzo, il sistema fornirà gli estremi del negozio più vicino a lui.
Come si compra lo sfuso?
Il processo di acquisto è semplicissimo: riempi, pesi, paghi. Ci si reca presso un negozio di sfusi con i propri contenitori e la propria shopper. Quest’ultima la si può creare personalmente, l’ideale sarebbe utilizzare vecchi tessuti di origine naturale. Nessun problema però se non siamo ancora pronti con la nostra sacchetta di stoffa, i negozi di Sfusitalia forniscono buste di carta da utilizzare e riutilizzare più e più volte.
Oltre all’assenza dell’imballaggio il prodotto sfuso offre ulteriori vantaggi: è spesso biologico e locale.
Cos’è lo zero waste (in due righe)
Lo zero waste è uno stile di vita volto a ridurre l’impatto ambientale. Come? Esso considera il rifiuto come risorsa da riutilizzare e non come scarto.
Più facile a farsi che a dirsi. Tanto più che chi decide di abbracciare questa filosofia non viene abbandonato a se stesso in questa battaglia di civiltà, ma entra automaticamente a far parte di una vera e propria comunità. Una rete di persone che promuove lo zero waste nell’ambito della routine quotidiana, in maniera dolce e graduale, puntando anche molto sulla socialità (non mancano infatti attività di aggregazione come party e, sopratutto, swap party).
Alcuni dei prodotti-bandiera dello zero waste sono: la borraccia, lo spazzolino con la testina intercambiabile, il rasoio con le lame intercambiabili, la coppetta mestruale.
Perchè è importante vivere zero waste
La filosofia zero waste sta alle risorse della Terra come il Global Seed Vault sta ai semi botanici: agisce per preservare le nostre risorse naturali. E oggi questa è una necessità attuale più che mai, vediamo perché.
La crisi delle risorse è dovuta in gran parte al surplus di domanda di beni da parte dei Paesi ricchi. In questo contesto si è aggiunta la pandemia, la quale non ha fatto altro che peggiorare un stato già insostenibile per quanto riguarda un’ampia categoria di beni, ovvero quelli fruibili tra le mura domestiche. Prendiamo il caso delle TV: un’impennata di richieste in tempo di covid ha aggravato la già critica situazione di carenza di microchip. Ciò ha causato un effetto domino sulle numerose economie basate sull’elettronica: dall’automotive ai cellulari passando per gli elettrodomestici, ecc…ecc…
Ma la scarsità di materie prime, semilavorati e prodotti finiti non riguarda solo chip e conduttori, si estende a tante altre risorse, come il legno (e conseguentemente a tutti i materiali da imballaggio), il caffè, la soia passando per l’acciaio e il rame, solo per citarne alcuni. La stessa Europena Chemical Society ha denunciato la scarsità di molti elementi chimici costituenti la Tavola Periodica di Dimitri Mendeleev.
Ecco che lo stile di vita zero waste e il consumo di prodotti sfusi sono una delle risposte più concrete e facilmente attuabili da parte di ogni singolo individuo. Riciclare correttamente, dare vita alle nostre piccole economie domestiche circolari è un atto dovuto nei confronti del Pianeta e dell’Umanità.
E’ tempo di agire, soprattutto a fronte di una classe politica globale che solo molto distrattamente attua politiche efficienti in modo sistemico. E a fronte di una narrazione mediatica che raramente favorisce la riflessione.