Il rischio blocco
Dopo ormai 3 mesi di conclamata pandemia globale è ormai chiaro che il famigerato Covid-19 ha trasformato il volto del mondo per come lo conosciamo. Parlare oggi di salute ambientale e di riciclo potrebbe sembrare secondario o superfluo in un momento critico per la nostra salute e quella dei nostri cari, ma purtroppo l’emergenza sanitaria combattuta negli ospedali non è l’unico nemico con cui abbiamo a che fare: stando all’allarme lanciato nei giorni scorsi da Francesco Sicilia, direttore dell’Unione nazionale dell’Imprese Recupero e riciclo Maceri, una delle conseguenze prossime della pandemia potrebbe essere il collasso totale della filiera del riciclo.
Da un lato molte industrie del riciclo sono chiuse e non ritirano i materiali (metalli, legno, alcune plastiche), dall’altro lato, nel caso della carta, hanno crescenti problemi di trasporto, per cui non riescono a far arrivare i maceri alle cartiere, che non possono produrre a pieno ritmo per carenza di materia prima.
L’ostacolo principale da superare per pensare di riattivare i servizi è il crollo dei prezzi, che nella situazione attuale rendono antieconomica l’attività di riciclo: oggi una tonnellata di cartone riciclato costa 5,50 euro, contro 52,50 a gennaio 2019. “Con una riduzione del 95% è chiaro che molte imprese soffrono. Se si aggiunge l’aumento dei costi dovuto alle necessità di protezione straordinaria dal contagio, finiranno per chiudere”. Appare chiaro che senza un intervento dello Stato si rischia un effetto domino devastante che porterebbe alla chiusura delle imprese, e dunque al blocco totale del sistema.