Contenitori riutilizzabili sì o no?
A Dicembre 2019, pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, il governo italiano ha varato il Decreto Clima, con lo scopo di ridurre le emissioni ed allinearsi agli altri Stati d’Europa per ciò che riguarda le politiche ambientali.
All’interno del decreto, più precisamente all’articolo 7, è specificato che “al fine di ridurre la produzione di rifiuti e contenere gli effetti climalteranti” negli esercizi commerciali “di media e grande struttura” i clienti “possono utilizzare contenitori riutilizzabili purché puliti e idonei per uso alimentare”.”
Questa frase, che è stata presto offuscata dalla crisi sanitaria (e di conseguenza igienica) legata al Covid, potrebbe essere la chiave di volta o il punto di partenza per la vera rivoluzione senza imballaggi.
Sostanzialmente il decreto afferma che nei negozi alimentari come gastronomie, pescherie, panetterie e fruttivendoli, sia piccoli che grande distribuzione come supermercati, si può fare a meno degli imballaggi monouso se si portano da casa dei contenitori riutilizzabili.
Infatti l’esercente, al momento della vendita del prodotto, verificherà l’idoneità e la pulizia del contenitore, procedendo successivamente all’utilizzo.
Con i contenitori riutilizzabili la rivoluzione è ormai alle porte. O no?
In Italia, tra il 2020 e il 2021, sulla scia di questo decreto, era stata lanciata l’iniziativa Spesa Sballata, in cui una trentina di famiglie del varesotto ha sperimentato la spesa con i contenitori riutilizzabili portati da casa, presso 9 punti vendita di Carrefour e Coop Lombardia.
Un’altra iniziativa interessante partita a Maggio 2022 è stata quella del Manifesto del riutilizzo, un appello per promuovere e permettere l’uso di contenitori durevoli nell’ambito dei consumi domestici, alimentari e non, nella ristorazione e nei pubblici esercizi.
In una Paese dove lo sfuso non viene incentivato dall’alto come in altri Stati dell’Unione Europea, il cambiamento potrebbe arrivare dal basso, se ognuno di noi iniziasse ad acquistare ogni giorno con i propri contenitori.
Quali sono le implicazioni igieniche e di responsabilità nell’uso di contenitori riutilizzabili?
La questione cruciale dell’uso dei contenitori propri è legata all’igiene. Infatti, i contenitori portati dell’esterno, possono essere potenzialmente un veicolo di contaminazione, motivo per cui molti negozianti spesso ne rifiutano l’utilizzo in favore del monouso. Infatti, la responsabilità in caso di contaminazione di un alimento, con possibili conseguenze sulla salute del consumatore, rimane a carico del negoziante, anche se i contenitori sono del cittadino.
Il decreto non si esprime direttamente sul processo di igienizzazione, dichiarando solo che: “l’esercente può rifiutare l’uso di contenitori che ritenga igienicamente non idonei”.
Ciò significa che non solo devono essere idonei all’utilizzo, ma anche puliti ed igienizzati. Le caratteristiche specifiche di accettazione del contenitore al banco sono:
- realizzato in un materiale consono al contatto con alimenti (contenitori riutilizzabili di plastica durevole per gli acquisti ai banchi del fresco come pescheria, gastronomia, macelleria e panetteria, e retine per la frutta e la verdura);
- dotato di coperchio o chiusura ermetica;
- pulito;
- sottoposto al controllo visivo da parte del personale dei punti vendita, che ne possono rifiutare l’utilizzo in caso di rilevino condizioni di igiene insufficienti.
E’ proprio in questo ultimo punto che ci troviamo nella zona grigia della responsabilità, dato che un contenitore può essere apparentemente pulito, ma rimanere comunque vettore di batteri, virus e parassiti.
Significativa qui è l’esperienza di Spesa Sballata. Per il progetto in questione, la responsabilità era suddivisa tra addetto al banco e consumatore: la pulizia dell’interno era compito del cittadino, mentre l’igienizzazione dell’esterno era responsabilità del negoziante, prima di posare il contenitore sulla bilancia.
L’organizzazione qui si era anche occupata di stilare un vademecum non solo per la spesa, ma anche per una quotidianità più sostenibile.
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La domanda ora è: come si può fare la spesa sfusa con dei contenitori idonei?
Quello che consigliamo in ottica zero-waste è sempre quello di utilizzare ciò che già si possiede, come i comuni contenitori da cucina, ma se si volesse fare un investimento per il futuro, qui di seguito un po’ di consigli.
Spendere una determinata somma per l’acquisto di un kit di contenitori riutilizzabili è un investimento sicuramente proficuo. Con l’aumento dei costi delle materie prime, gli imballaggi saliranno sempre più su di prezzo, e con esso i prodotti.
I contenitori più pratici per utilizzo e materiali, sono indubbiamente i prodotti della Stasher.
Questi contenitori sono in silicone particolare, utili sia per lo stoccaggio, sia per cucinare, ma anche per l’acquisto di prodotti sfusi, in bottega e al supermercato.
I contenitori infatti sono morbidi e leggeri, quindi molto pratici per la fase d’acquisto.
Il materiale impiegato inoltre è ottimo poiché resiste ad alte temperature senza rilascio di tossine o microplastiche (come invece accade per altri contenitori in plastica), quindi può anche essere impiegato per cucinare, lavato in lavastoviglie e impiegato come porta-pranzo.
Se però preferite i contenitori rigidi per la vostra praticità personale o per gli acquisti di prodotti come formaggi, i contenitori impilabili sono la soluzione per voi.
Ne esistono di diversi tipi, ma sicuramente i più famosi sono solo i classici contenitori in plastica impilabili a torre, ma sicuramente sono più ingombranti dei sacchetti in silicone.
Esiste una variante di questi in plastica a fisarmonica, utili se si vuole uscire di casa leggeri e ottenere allo stesso tempo un porta-pranzo smart.
In questo momento storico così delicato è importante utilizzare al massimo le risorse che già abbiamo. La possibilità di fare la spesa nel negozio sotto casa senza imballaggi, impiegando i propri contenitori, può essere realmente l’inizio di una rivoluzione zero-waste nel quotidiano.
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